UR/Unreserved

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UR/Unreserved is an arts project stemming from the collaboration between maraa arts collective and Anish Victor. UR/Unreserved embarks on a train journey to investigate the margins of negotiation of identity in contemporary India.

The trigger for the project was an SMS that circulated in Bangalore in 2012 targeting specifically the population of the North Eastern states of India. The message warned the receivers that, had they not left immediately, they would have paid the consequences. The SMS proved to be fake, however, many people fled overnight, by train, fearing for their lives.

Interrogating what it means to belong, how people identify, what are the processes of representation connected to identity, what are the markers that “give away” who people are. These are fundamental questions that urgently need to be addressed in the current political context in India.

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Eight young artists from Karnataka, Kerala, Assam and Kashmir will travel for a month in sleeper coaches and unreserved train compartments engaging fellow travellers in conversations around their own experience of individual and collective identities. Through performative techniques, magic tricks, songs and games they will facilitate the possibility of an exchange around a subject that is now too risky to address with strangers. The material gathered from these conversations will become part of public happenings and of a travelling exhibition.

To make this important arts project possible there is an ongoing crowd-funding campaign.

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To support Unreserved by contributing to cover the production expenses, you can give your contribution here.

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To Resist is to Exist

images50 years ago, the revolutionary masterpiece The Battle of Algiers by Gillo Pontecorvo won the Golden Lion at the Venice Film Festival. To mark the anniversary, the film has been restaured and CG Entertainment launched a campaign to published this new edition (in Italian). To support the initiative, they asked me to engage in a conversation with this great work of art. My thougths are below and this is the link to support the campaign.

 

We live in dark times, in a precarious equilibrium between fear and inurement. The big engine of the empire huffs and puffs, hit at its core by lone wolves and organised terrorists. The chasm between us and them grows wider, defined by shortcuts and superficial understandings that seem convincing because are worded in the incontestable language of reassuring populism. We live in dark times that are nurtured by historical courses and recourses: History does not teach, human kind does not learn from past mistakes, the thirst for revenge is more satisfying than the desire for transformation. The dystopia of the present builds isolating and fragmentary geographies, designed in the negative and founded on divisions. In this grim picture, instead of the possibility of encounters, the only thing that seems to multiply are separating devices and mechanisms of exclusion: concrete walls, thousand-eyed drones, coils of barbed wire.  

Read the full article on With Kashmir 

Resistere è esistere

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50 anni fa, La Battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo vinceva il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia. In occasione dell’anniversario, il film è stato restaurato e CG Entertainment ha lanciato una campagna per pubblicare questa nuova edizione. In sostegno all’iniziativa, mi hanno chiesto di raccogliere dei pensieri in risposta a questa grande opera d’arte.
Il testo
è qui di seguito e questo è il link per sostenere la campagna.

Viviamo tempi cupi, in equilibrio precario fra la paura e l’assuefazione. La grande macchina dell’impero sbuffa in affanno, colpita al cuore da lupi solitari e terroristi organizzati. Il guado tra noi e loro si allarga, un guado definito da scorciatoie spesso solcate da conoscenze superficiali che sembrano convincenti perché elaborate nella lingua incontestabile del populismo rassicurante. Viviamo tempi cupi che sono alimentati da interminabili corsi e ricorsi di vichiana memoria: la storia non insegna, il genere umano non impara dagli errori del passato, la sete di vendetta sazia più del desiderio di trasformazione. La distopia del presente costruisce geografie frammentarie e isolazioniste, disegnate al negativo e fondate sulla divisione. In questo quadro sconfortante invece della possibilità d’incontro, l’unica cosa che sembra moltiplicarsi sono i dispositivi di separazione e i meccanismi di esclusione: muri di cemento, droni dai mille occhi, bobine di filo spinato.

Cinquantadue anni fa, Gillo Pontecorvo girava La Battaglia di Algeri, un film rivoluzionario senza tempo che – raccontando la storia della resistenza algerina e dei primi passi del movimento di liberazione nazionale che hanno condotto al drammatico, ma necessario processo di decolonizzazione – parla al presente con una contemporaneità stupefacente.

Cambiano i termini storici, ma la sostanza resta la stessa. Gli oppressori, i fascismi, i colonialismi passati e presenti reiterano triti argomenti per perpetuare la propria esistenza e asserire un’idea immutabile di passato che confermi la legittimità del proprio privilegio. Il paternalismo benevolente del potere, l’infantilizzazione dell’altro, la discriminazione sulla base del colore della pelle e della religione sopravvivono alla loro stessa stupidità.

In risposta ad uno status quo ingiusto e apparentemente immutabile, la resistenza – politica, civile, disobbediente, armata – continua a vivere rivendicando il diritto all’autodeterminazione, ad un accesso equo alle risorse, alla possibilità di essere gli autori della propria storia.

L’Algeria del 1957 è la Palestina dell’Intifada, è il Kashmir dell’estate di sangue del 2016, è la protesta degli Indiani d’America nella Riserva di Standing Rock.

Qualche tempo fa, in una conversazione i cui toni sono presto diventati animati, un amico mi ha invitato al realismo dicendo che di fronte alla violenza del potere è dovere dell’oppresso accettare la disparità delle forze ed accettare un compromesso. Mi ha detto che devo imparare a distinguere fra l’idealismo e la realpolitik: è tempo di crescere e guardare in faccia la realtà, visto che il sacrificio per la libertà non hai mai portato nessun frutto.

E’ vero, mai come oggi – in giorni di barconi alla deriva, campi profughi delimitati da reti elettrificate e diritto al movimento negato sulla base della religione – è tempo di crescere e guardare in faccia la realtà prendendo atto del fatto che siamo costantemente stimolati a scommettere sulla sopravvivenza e di dimenticarci della nostra esistenza.

Resistere è esistere – vivere a pieno in nome dell’equità e della libertà proponendo un modello diverso dall’oscurantismo che in nome di un dubbio beneficio immediato dissecca le radici dei diritti, del valore della diversità, della necessità di esprimere il proprio sé al di là di categorizzazioni e incasellamenti.

In La Battaglia di Algeri nel sesto giorno dello sciopero generale organizzato dal Fronte di Liberazione Nazionale, il gendarme francese al megafono sollecita la popolazione locale ricordando loro che è la Francia ad essere la loro patria ed è la Francia a sapere ciò che è meglio per il loro futuro e non i “terroristi” che cercano di manipolarli.

In un momento di grande poesia, il piccolo Omar, sgattaiolando tra il filo spinato, riesce a sottrarre il megafono ai Francesi e grida alla folla: “Fratelli algerini, fratelli, coraggio, resistete. Resistete. Non ascoltate quello che vi dicono. L’Algeria sarà libera.”

E’ con l’innocenza di questo bambino, un’innocenza che sopravvive nonostante la guerra, che dobbiamo guardare al futuro, alle potenzialità di un domani non omologato, tenendo stretto il diritto sacrosanto a esistere e resistere.